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Caltanissetta nelle fiabe di Italo Calvino!

Lo sapevate che nella raccolta di Fiabe italiane di Italo Calvino c’è anche Caltanissetta?

Cosa non si scopre quando si hanno nipoti a cui leggere storie!

La Sicilia fa la sua figura tra le fiabe pescate dalla tradizione popolare degli ultimi cento anni e trascritte in italiano da Calvino.

Il sorcetto con la coda che puzza.In questa raccolta tutte le regioni d’Italia hanno un loro spazio e le fiabe sono state trascritte dai vari dialetti. Caltanissetta è rappresentata da “La penna di hu” e dal “Sorcetto con la coda che puzza”, entrambe nel terzo volume della raccolta pubblicata per la prima volta da Einaudi nel 1956.

“Hu” sta per “pavone” e alla fiaba fa da sfondo un fratricidio.

“Il sorcetto con la coda che puzza” è invece un principe, bello ma prigioniero di un incantesimo.

Sarà così anche Caltanissetta, bella ma prigioniera?

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L. Sciascia – Quando il mare si tinge di vino…

L. Sciascia - Il mare colore del vino

L. Sciascia - Il mare colore del vinoMi piace molto viaggiare in treno.

Mi piace girare la Sicilia in lungo e in largo osservando, dal finestrino, il paesaggio che cambia.

Le colline gialle di Caltanissetta coltivate a grano e bruciate dal sole lasciano spazio alla costa e ogni paesaggio ha le sue caratteristiche.

Sarà per questo che “Il mare colore del vino” è uno dei libri di Sciascia che preferisco.

Una raccolta di dodici storie che prende il titolo da una sola, quella che racconta appunto di un viaggio in treno.

Anche leggendo l’intero libro l’impressione è quella di percorrere la Sicilia nel tempo e nello spazio.

L’ironia di Sciascia guida il lettore attraverso dodici facce della stessa terra accomunate da un’unica sconcertante verità umana, dura e raccontata con spietata ironia.

In questo tragitto il lettore non viene, però, privato del divertimento.

Proprio per questo penso che il libro vi piacerà, se già non lo avete letto.

L. Sciascia - Il mare colore del vino

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Roberta Fuschi e Patrizia Maltese: Violenza degenere, storie di donne che hanno sconfitto la paura

violenza-degenereLa violenza inflitta alle donne è interclassista e trasversale a tutta la società e lontanamente da quanto si possa pensare, si tratta di un fenomeno in prevalenza agito dalla ristretta cerchia dei familiari della vittima più che da estranei.

Ma ribellarsi ai propri aguzzini si può ed è proprio questo il messaggio del libro scritto a quattro mani dalle giornaliste Roberta Fuschi e Patrizia Maltese, intitolato “Violenza degenere, storie di donne che hanno sconfitto la paura” e pubblicato nel 2015 dalle edizioni catanesi Villaggio Maori con prefazione della sociologa Graziella Priulla.

Il libro raccoglie le testimonianze delle donne che gravitano attorno al centro antiviolenza Thamaia di Catania, il loro essere vittime di padri, fratelli, partner e il loro iniziale silenzio fra le pareti domestiche, spezzato dalla volontà di farcela a uscire dal tunnel della paura e di denunziare finalmente i propri aggressori.

Alessandra, Alessia, Chiara, Enrica, tutti nomi di fantasia che indicano situazioni realmente accadute e concluse da un sudato lieto fine.

La forza del libro è anche quella di documentare i passi avanti fatti dalla legislazione contro la violenza e di raccontare in modo ben documentato la nascita e l’evoluzione del centro Thamaia fra mille tribolazioni, dai fondi che mancano al superlavoro delle operatrici, non sempre reumunerato come meriterebbe, alle difficoltà e alla forza che occorre per andare avanti in un Paese dove sono ancora poche le risorse destinate al contrasto della violenza di genere.

In definitiva il libro è uno strumento utile per chiunque graviti attorno a questi fenomeni e una speranza per le donne che ogni giorno subiscono in silenzio la violenza di quanti dovrebbero invece rispettarle.

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Chuck Palahniuk, Invisible Monsters

chuck-palahniuk-invisible-monstersL’autore di Fight Club e Soffocare.

Così è scritto a proposito dello scrittore americano Chuck Palahniuk sulla prima di copertina di Invisible Monsters, bel romanzo trasgressivo pubblicato per la prima volta nel 1999 da Norton&Company.

E allora perché non parlare di Fight Club o di Soffocare? Perché Invisible Monsters è lo spazio letterario in cui si muove Brandy Alexander, un personaggio che solo un intervento chirurgico può far diventare completamente donna.

Ma Brandy (la Principessa Brandy) è molto ma molto di più, quasi un’eroina che tutti vorrebbero incontrare nel pieno di una crisi, proprio come accade a Shannon McFarland.

Shannon è una modella alla quale non manca nulla fino al momento in cui un colpo di fucile le sfigura il volto lasciandola anche priva della parola.

Da allora per Shannon tutto cambia: i riflettori si spengono, la carriera è stroncata, il fidanzato la tradisce con l’amica del cuore e l’invisibilità dalla quale viene avvolta la sua vita a causa dell’incidente diviene una dura condizione da affrontare.

«La tua capacità di percezione è completamente fottuta. Tutto quello di cui riesci a parlare è immondizia già accaduta. Non puoi basare la tua vita sul passato o sul presente. Devi raccontarmi del tuo futuro» (dalla Traduzione di Manuel Rosini per la Piccola Biblioteca degli Oscar Mondadori del 2003).

Questo Brandy dice a Shannon ma anche ai lettori che ne hanno bisogno come a chi parla di questo romanzo, in definitiva 227 pagine che costringono a ragionare sul modo in cui la percezione dei fatti può diventare strumento per reinventare sé stessi.

Il resto è l’America che Palahniuk fa narrare in prima persona alla protagonista del romanzo, una Shannon che muove il suo racconto dal prima della sua adolescenza al poi, costruendo, pagina dopo pagina, un finale da brivido.

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Italo Calvino, Marcovaldo

Italo Calvino, Marcovaldo

Italo Calvino, Marcovaldo

La leggerezza profonda che Italo Calvino infonde ai suoi personaggi non risparmia neanche Marcovaldo, una delle figure più riuscite tra quelle create dalla penna del grande scrittore italiano.

Pubblicato per la prima volta nel 1963, Marcovaldo ovvero Le stagioni in città è un libro composto da venti novelle per ragazzi ed è scritto a metà tra il forte retaggio che la civiltà contadina ancora esercita nel nostro Paese negli anni in cui la penna di Calvino tratteggia il suo personaggio, e cioè dagli inizi dei Cinquanta in poi, e i primi albori della società dei consumi.

Marcovaldo è un personaggio buono e un po’ sfortunato, che tende a suscitare le simpatie del lettore con l’aria impacciata dell’uomo di campagna trapiantato in una città che fa fatica a comprendere.

Sfortunato, buono e povero di mezzi, Marcovaldo affronta, insieme alla sua famiglia, le vicissitudini che l’ambiente urbano gli procura: dal mangiare funghi velenosi al dormire in una panchina che si rivela diversa dal luogo di libera serenità immaginato e così via.

Si tratta di un personaggio che vive ai margini di quella società opulenta che le possibilità di lavoro e la tecnologia contribuiscono a determinare, un uomo che sfugge cioè a quel boom economico che caratterizza l’Italia del Dopoguerra.

Marcovaldo è forse un libro per bambini, sicuramente un libro per ragazzi e (ci sentiamo di suggerire) un libro per adulti.

Lette dal basso del nostro presente, queste pagine di Calvino ci spingono a riflettere sul tema del difficile rapporto con un mondo in continuo cambiamento.

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David Trueba – “Aperto tutta la notte”

david trube - aperto tutta la notteL’unico posto aperto tutta la notte è casa propria, questa sembra essere la certezza di fondo del romanzo di David Trueba.

Intitolato “Abierto todo la noche” e tradotto per la prima volta in Italia nel 1999, il libro narra le vicende della famiglia Belitre, ambientate in una delle tante palazzine nel cuore della Madrid degli anni Ottanta.

Anche se lo scrittore e giornalista madrileno ci ha di nuovo stupiti con la tragicommedia romantica “Blitz”, tradotta in italiano nel 2016 da Feltrinelli, le vicende dei Belitre non possono non essere ricordate per la simpatia che suscitano.

Un padre cinquantenne si sente schiacciato dalla sua identità di capofamiglia e una madre sempre oberata dagli impegni vive lo stress che le procurano i sei figli.

Poi c’è il nonno Abelardo, che ama scrivere versi e conversare con Dio, mentre la nonna Alma ha alle spalle una vita vissuta a contatto con grandi scrittori ed artisti e intrattiene una corrispondenza epistolare con la sua amica defunta Ernestina Beltran.

Ma i personaggi fuoriusciti dalla penna di Trueba comprendono anche sei ragazzi fra i nove e i ventotto anni, ognuno con una caratteristica.

Félix è il maggiore ed è appassionato di cinema, Basilio ha un aspetto terrificante, accompagnato da un grande talento artistico.

Nacho ha successo con le donne mentre Gaspar è uno scrittore in erba. Lucas è un amante dei pesci e Mathias, affetto dalla sindrome di Latimer, crede di essere il capofamiglia.

Autore di un improbabile quanto efficace trattato sull’aggressività sociale, uno psichiatra mancato pianta la tenda nel giardino di casa per svolgere la sua attività al servizio della famigliola, così come si prodigano per la famiglia le altre figure coinvolte nella storia.

Con il suo ritmo travolgente e la sua verve umoristica, “Aperto tutta la notte” ricorda alla lontana la saga dei  Malaussène di Pennac e segna il successo di un autore tradotto in più di dodici lingue.

david trube - aperto tutta la notte

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Ragazzi di Zinco

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Il premio Nobel conferito alla scrittrice Svetlana Aleksievic acquista in Italia un senso ancora maggiore, soprattutto in relazione alle consuetudini di raccolta delle fonti orali e delle esperienze umane che circondano le grandi vicende così come la storia in genere.

Nel paese di Danilo Dolci e dei “Banditi di Partinico”, il lettore non si troverà spiazzato nel leggere “Ragazzi di zinco”, tradotto in italiano nel 2003 dalle Edizioni e/o.

Trecento sedici pagine zeppe di voci che raccontano la tragedia sovietica della guerra in Afghanistan, protrattasi tra il 1979 e l’89. I ragazzi e le ragazze che partirono per quella che il regime comunista definì la “grande causa internazionalista e patriottica” furono almeno un milione, dei quali molti tornati chiusi dentro bare di zinco e sepolti nell’oscurità della notte.

Mezzo milione furono invece le sole vittime afgane.

Il libro della giornalista e scrittrice di origine bielorussa riporta le voci delle madri dei soldati uccisi, dei feriti di guerra, delle infermiere che hanno vissuto la vicenda come un’avventura patriottica e, non ultime, le voci di chi è tornato da un inferno che l’URSS ha poi minimizzato se non nascosto. “Ragazzi di zinco” è un libro corale, che racconta una verità cruda e straziante.

Un libro che appassiona nel far riflettere sulle infinite miserie causate dalle guerre.

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Ernst Weiss, Musica a Praga

Ernst Weiss, Musica a praga, il blog di marcella, torronificio m. geraci, caltanissetta

1Ci si può fermare all’apparenza di una copertina per scegliere un libro? Certamente!

Soprattutto quando in una libreria moderna di una qualunque città di provincia, in un giorno come tanti, l’occhio cade su un libro del 1962 che, di quell’anno, porta tutti i segni.

Se poi il libro viene acquistato negli anni di passaggio dalla lira all’euro, lo sguardo perplesso del libraio fa il resto.

“Costa trecentocinquanta lire”, quindi? Qual è il giusto prezzo?

Un libro “musicale” ambientato a Praga, odierna capitale della Repubblica Ceca che fu centro politico e culturale della Boemia per oltre 1100 anni.

Ernst Weiss, Musica a praga, il blog di marcella, torronificio m. geraci, caltanissetta Ciliegina sulla torta, “Musica a Praga” (Milano, Dall’Oglio Editore) pubblicato per la prima volta in Germania nel 1926 e in Italia nel 1933 è opera del grande scrittore Ernst Weiss.

La protagonista, Franziska, è divisa fra la passione per la musica e l’amore per Erwin, a sua volta lacerato dalla passione per due donne, Franziska e Hedy.

 

Ernst Weiss, Musica a praga, il blog di marcella, torronificio m. geraci, caltanissetta

Il lettore e la lettrice si troveranno a vivere un brusco quanto coinvolgente alternarsi di emozioni e sentimenti, dall’amore travolgente alla paura della solitudine e dell’abbandono, con la costante presenza della morte per l’intera durata del romanzo.

Che dire ancora? Bello!

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Caltanissetta, il torrone e Moni Ovadia: Il Glicomane

moni ovadia, il glicomane, il blog di marcella, torronificio m. geraci caltanissetta

index1Caltanissetta, il torrone e Moni Ovadia. Una relazione inverosimile se non fosse che a Caltanissetta, città del torrone, quest’anno Moni Ovadia abbia svolto l’incarico di direttore artistico del Teatro Margherita, proiettando la nostra provincia nel più vasto circuito culturale nazionale.

C’è però un aspetto che rimane poco noto e che lega in qualche modo Ovadia anche al torrone e cioè il fatto che il celebre attore d’origine ebraico – sefardita nella sua attività di scrittore si sia occupato anche di dolci.

“Il Glicomane” è un libretto di 47 pagine, edito nel 2013 dalla Piccola Biblioteca di Cucina Letteraria targata Slow Food Editore.

Il libro non sembra avere grosse pretese ma è divertente e racconta di una metamorfosi (non a caso Ovadia cita Gregor Samsa, il protagonista del celeberrimo racconto di Franz Kafka). Il Glicomane prende le mosse dal risveglio di Georges Samla, che scopre un bel mattino di trasudare zucchero.

Il protagonista pensa quindi che sia arrivata la sua ora, così come lo credono sua moglie Chantal e i medici che gravitano attorno alla coppia. In maniera del tutto incredibile Georges Samla non è malato e neanche destinato a morire, ma si è semplicemente trasformato in un dolce.

moni ovadia, il glicomane, il blog di marcella, torroficio m. geraci caltanissetta«Mi sono persuaso che i dolci siano una delle pochissime testimonianze e conferme della realtà di un tempo edenico da cui siamo stati espulsi per essere gettati nel travaglio della vita» dirà Samla nel corso del racconto, dando avvio ai suoi ricordi infantili dominati dalla Khalvà, «una sorta di torrone a base di sesamo».

Significativo anche il suo ricordo palermitano legato alla pasticceria svizzero-siciliana Caflisch, considerata da Ovadia la più grande pasticceria di tutti i tempi e di ogni luogo perchè ha coniugato le due grammatiche assolute dell’arte pasticciera, la arabo-turca e la mitteleuropea.

Chiunque voglia cogliere il legame tra cucina e letteratura e approfondire un piatto o una tradizione può approfittare delle chicche narrative di questa collana di Slow Food.

Non leggerete grandi capolavori ma potrete dilatare gli spazi della vostra cucina e della vostra cultura.

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Enzo Russo, Uomo di Rispetto.

Enzo Russo, Uomo di rispetto, Il Blog di Marcella, Torronificio M. Geraci, Caltanissetta

Enzo Russo, Uomo di rispetto, Il Blog di Marcella, Torronificio M. Geraci, CaltanissettaGiovannino racconta la sua lunga strada, dalla povertà contadina all’ingresso nella mafia, un affresco crudo e spietato, difficile da giudicare nella sua interezza.

Pubblicato per la prima volta da Mondadori nel 1988 e ripubblicato nel 2010 da Lussografica, “Uomo di rispetto” è la biografia che un anonimo soldato della mafia narra allo scrittore e giornalista Enzo Russo.

Un racconto che prende le mosse da un’infanzia povera nelle campagne della provincia nissena per approdare in una Palermo dove l’eroina, l’edilizia e il riciclaggio fanno le fortune di un’organizzazione criminale divenuta ancora più sanguinaria e al passo coi tempi.

È la Palermo dei Corleonesi, i feroci artigiani di morte che porteranno la Sicilia nel tunnel delle stragi.

Tradotta in quattordici lingue e ridotta ad un film – tv diretto dal regista Damiano Damiani, la testimonianza raccolta da Enzo Russo si rivela al lettore in tutto il suo realismo.

Nulla è risparmiato, dal primo delitto alle regole ferree di una mafia in evoluzione, dall’amore per una moglie stritolata negli ingranaggi dai quali lo stesso Giovannino riesce a fuggire alle considerazioni amare della fine del racconto, dove non ci si pente di una vita vissuta agli ordini di boss e notabili ma si avvertono tutti i limiti di una condizione anomala e in qualche modo sofferta.

Difficile aggiungere altre parole su un libro che si legge tutto d’un fiato e che rimane coinvolgente ed emozionante, comunque la si pensi.

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Danilo Dolci, Gente semplice

Danilo Dolci, Gente semplice, Il blog di Maercella, torronificio egarci, caltanissetta

Pubblicato nel 1993 da Camunia, “Gente semplice” è uno dei libri che meglio rappresenta Danilo Dolci, l’intellettuale italiano noto per le sue lotte non violente contro la mafia e in favore dello sviluppo sociale e dei diritti dei lavoratori.

Il libro assembla i racconti delle persone più diverse a sostegno di una cultura fatta di indicatori per saper vivere (pag. 152, “Voci della Scuola di Pace di Boves”) posseduti anche da chi affronta l’esistenza senza libri, con mezzi propri. Parlano il contadino, il fungarolo, la donna che raccoglie le cipolle per vivere, il bambino ma anche gli studenti e le studentesse, gli intellettuali che esprimono grandi concetti semplicemente.

Il libro è un discorso collettivo sulla necessità di comunicare per costruire la pace, scritto con il contributo degli uomini e delle donne che sembrano rimanere ai margini della comunicazione mediatica, depositari e depositarie di quelle culture condannate ben prima del 1993 all’estinzione, schiacciate dalla televisione e da un controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare di mass media al servizio delle classi dominanti.

Dal libro emerge l’utilità e la dignità di saper leggere anche rocce, alberi, voli, creature, il mare, le nuvole, le stelle. Leggere nel lavoro (Prefazione, pagina V).

E perché no? Leggere il cibo.

Tutto per avviare percorsi di ricerca che nascano dalla comunicazione e non dalla trasmissione di verità preconfezionate senza il coinvolgimento e la partecipazione di tutti gli interessati.

Proprio questa differenza tra comunicare e trasmettere è una delle caratteristiche principali del lavoro sociale ed educativo di Danilo Dolci che ha conquistato, con il suo metodo, il soprannome di Gandhi italiano.

Per saperne di più www.danilodolci.org

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Jean–Claude Izzo, Chourmo

Jean-Claude Izzo, Chourmo, il blog di Marcella, Torronificio M. Geraci, CaltanissettaCosa c’entra il torrone con un noir ambientato nella Marsiglia delle periferie più povere?

Cosa c’entrano i beur (nati in Francia da genitori arabi) e i rigurgiti fondamentalisti che attecchiscono nelle grandi città occidentali?

Il mondo è investito da un cambiamento epocale e le trasformazioni riguardano tutti gli aspetti della vita, cibo compreso.

Il fatto che la nostra azienda si trovi a vivere in un territorio toccato da questi cambiamenti è forse il motivo che ci ha spinto ad apprezzare le pagine del secondo libro della Trilogia di Jean – Claude Izzo, “Chourmo” (Edizioni e/o).

Il protagonista è Fabio Montale, ex poliziotto dal passato burrascoso, figlio di nabos (emigrati napoletani) e all’apparenza simile a un “Montalbano” francese. Montale si trova a dover sbrogliare l’intricata matassa composta da tre delitti fra loro collegati, che lo porta a mettere il naso negli ambienti mafiosi interessati al porto della città ma anche nella cerchia razzista del Fronte nazionale e nel traffico d’armi degli integralisti islamici.

A far da sfondo a delitti e indagini, le periferie marsigliesi più povere, veri e propri focolai di odio e di violenza dove è possibile perdersi nei traffici illeciti o nella droga.

Le stesse periferie dove si può cadere nelle maglie del terrorismo o evitare una brutta fine entrando a far parte del chourmo.

L’espressione, che in provenzale indica i rematori delle galere, viene ripresa per indicare i gruppi di incontro e di supporto delle band di raggamuffin. Chourmo significa quindi incontrare e frequentare i propri simili come se si fosse «nella stessa galera, a remare! Per uscirne fuori. Insieme».

Il libro si legge velocemente e trasmette la curiosità di conoscere il resto della Trilogia di Izzo, brillante scrittore francese di origine salernitana morto nel 2000, al quale il noir deve molto.

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Vitaliano Brancati, La noia nel 937

Il blog di Marcella, Vitaliano Brancati, Torronificio M. Geraci, Caltanissetta

Il blog di Marcella, Vitaliano Brancati, Torronificio M. Geraci, CaltanissettaÈ conosciuto soprattutto per Don Giovanni in Sicilia e Paolo il caldo ma Vitaliano Brancati vanta una produzione letteraria molto più complessa.

E tra le città siciliane dipinte dalla sua penna non manca Caltanissetta, che emerge dalle pagine memorabili del racconto La noia nel ‘937.

Domenico Vannantò, l’annoiato uomo di trent’anni che «capita a Caltanissetta» offre a Brancati l’occasione per abbandonarsi a una serie di suggestioni sul clima che regna nella città di quegli anni.

Vannantò «s’era fermato a Caltanissetta perché aveva subito intuito che qui la noia toccherebbe un punto che altrove non aveva mai sfiorato.

La cittadina di pietra gialla, sospesa su una squallida pianura; l’albergo affacciato sulla piccola stazione da cui trenini affaticati gettavano ogni tanto uno stridulo grido; i portoni chiusi di prima sera, ai piedi dei quali i cani roteavano su se stessi cercando di mordersi la coda; le nuvole che passavano di gran corsa, cacciate da un vento che non aveva tregua; la statua del Redentore in cima a un colle su cui piovevano gli sguardi dei carcerati dalle finestrine di un casamento livido; le fabbriche di chitarre ai piedi di vecchie chiese; il mantello del federale zoppo nella nebbia del tramonto; gli avvocati che gesticolavano davanti al portone di casa, mentre sul loro capo, stesa a un filo tra balcone e balcone, la loro camicia gesticolava anch’essa; le conferenze sull’impero, le paoline… cosa gli mancava per portare la noia al grado dell’esultanza?»

Il pezzo è tratto dalle Opere di Vitaliano Brancati, a c. di Angelo Guglielmi, 1974, Milano, Bompiani.

Così lo scrittore di Pachino vive la città in cui trascorre il 1937 e l’anno successivo, insegnando all’Istituto Magistrale “IX maggio” e frequentando la cerchia di intellettuali che a Caltanissetta animava la vita culturale.

Una “piccola Atene” (espressione coniata da Leonardo Sciascia per descrivere il clima culturale di quegli anni) che permette di sottrarsi alla cappa di grigio e di noia che avvolge la provincia nissena in cui, abbandonate le simpatie iniziali per il fascismo, Brancati frequenta figure del calibro di Pompeo Colajanni e Leonardo Sciascia. Oltre che bello da leggere, il racconto stimola il lettore a riflettere sugli angusti confini della provincia (nissena e non), tappa obbligata per riconoscere quelli che oggi sono i pochi spazi aperti di una città moderna e libera che, nonostante l’impressione generale, pure esiste.

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Jorge Amado, Cacao

Jorge Amado, Cacao, Torronificio M. Geraci, Caltanissetta, Marcella Geraci 3

Jorge Amado, Cacao, Torronificio M. Geraci, Caltanissetta, Marcella Geraci 3Dire cibo è un altro modo per indicare lavoro e rapporti sociali, impatto con l’ambiente, consuetudine e tradizione.

Il cibo può essere prevaricazione o riconoscimento dei diritti e comunque aggregazione in comunità.

Insomma il cibo è vita e il grande scrittore Jorge Amado introduce i lettori al Brasile delle fazenda attraverso l’odore intenso e le tonalità forti del cacao, pianta dalla quale prende nome il suo romanzo pubblicato per la prima volta nel 1933 dalla Ariel Editora, duemila copie esaurite in un mese.

Negli anni Trenta, Bahia è la meta dei brasiliani che inseguono un futuro migliore lavorando nelle piantagioni e il protagonista del romanzo è uno di loro.

Originario del Sergipe, nato benestante ma colpito da un rovescio finanziario, l’uomo si stabilisce a Ilheus per lavorare nelle piantagioni di cacao del coronel Misael.

Attraverso la vicenda di questo bracciante alfabetizzato ma costretto dalla necessità a una vita povera, i lettori e le lettrici si troveranno nel Brasile del lavoro disumano e dei soprusi dei fazendeiros, del sesso e degli amori travolgenti, dell’altruismo e della violenza efferata, della fede e della coscienza di classe.

Quello che emerge dalle pagine del libro (tradotto in italiano da Einaudi) è un mondo a tinte forti, dove il sapore e l’odore del cacao animano tutte le vicende, liete o tristi che siano.

Attorno al cacao si costruiscono gerarchie economiche, politiche e sociali, si vivono storie d’amore travolgenti o fidanzamenti interrotti, si risvegliano sentimenti di ribellione o si sviluppa uno stato d’animo di sudditanza.

Il cacao diventa insomma la sopravvivenza di un’intera comunità.

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“Palazzo Yacoubian” di Ala-al-Aswani

Palazzo Yacoubian, Ala-al-Aswani, Torronificio Geraci

Palazzo Yacoubian, Ala-al-Aswani, Torronificio GeraciNon sempre si hanno soldi a sufficienza per viaggiare o tempo per sottrarsi alla quotidianità.

Per rimettersi in sesto basta allora organizzare pause brevi, come un bagno rilassante con essenze particolari e luci soffuse.

Oppure un viaggio emozionale attraverso le pagine di un libro, accompagnando la lettura con la degustazione di una specialità tipica del luogo dove il libro è ambientato.

Quello che vi proponiamo è un viaggio emozionale in Egitto al sapore di baklava, specialità di origine turca ma diffusa in tutta l’area dei Balcani e del Medio Oriente.

Il romanzo è “Palazzo Yacoubian” di Ala – al – Aswani, tradotto in lingua italiana nel 2006 e pubblicato per la prima volta in Egitto nel 2002, dopo essere stato rifiutato da molti editori per lo scalpore suscitato dai temi trattati.

Da allora il libro è uno dei più venduti nel mondo arabo e da esso è stato tratto il film diretto da Marwan Hamed.

Negli anni Trenta del Novecento un miliardario armeno fa costruire un palazzo al Cairo, all’interno del quale, molto tempo dopo, si svolgeranno le vite parallele dei personaggi.

Taha, il brillante e devoto figlio del portiere che sogna di frequentare l’accademia di polizia finirà per essere arruolato nelle milizie islamiste e la sua fidanzata Buthayna, costretta dal bisogno a cercarsi un lavoro sarà vittima delle angherie dei padroni.

Taha e Buthayna, insieme al vecchio e gaudente aristocratico Zaki, all’intellettuale gay Hatim e a molte altre figure rendono il palazzo Yacoubian metafora di un Egitto malato per la mancanza di democrazia, che l’autore individua come causa prima del fondamentalismo, del terrorismo e dell’arroganza dei potenti.

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Dolce Sicilia

La copertina di Dolce Sicilia, Torronificio Geraci

La copertina di Dolce Sicilia, Torronificio GeraciUn libro fotografico è l’ideale per raccontare l’eccellenza dolciaria siciliana, soprattutto se vincitore della Sezione Italia del Gourmand World Cookbook Award nel 2012.

Il volume si intitola “Dolce Sicilia” ed è il risultato del lavoro del fotografo Giò Martorana e del giornalista Marco Ghiotto, due cognomi che calzano a pennello con le vicende narrate nelle 176 pagine del libro, edito da Electa.

Denso di illustrazioni e storie, il volume racconta un’eredità agroalimentare che nasce dalla biodiversità del territorio e dalla grande inventiva degli artigiani siciliani.

Ogni prodotto è una storia e un paesaggio, insomma il pezzo di un’isola mai uguale a sé stessa come fosse uno scrigno pieno di tesori nascosti.

Nel libro ci siamo anche noi, tra fichi d’india, mandorle, pistacchi, ceramiche pregiate e informazioni utili sulla Sicilia delle produzioni artigianali d’eccellenza.

“Dolce Sicilia” è anche un bel regalo agli intenditori di fotografia, magari accompagnato da qualche prelibatezza nostrana per dare forma e gusto alla nostra bellissima isola.

Dolce Sicilia 2Dolce Sicilia 1

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Salvatore Vullo, “Di terra e di cibo”

Salvatore Vullo, “Di terra e di cibo”

Salvatore Vullo, “Di terra e di cibo”Fra le pagine di Leonardo Sciascia la cucina siciliana ha il posto che merita e le specialità gastronomiche e dolciarie citate dallo scrittore di Racalmuto sono quelle che meglio rappresentano l’isola nel mondo.

Si passa dalle panelle allo sfoglio di Polizzi Generosa, dal biancomangiare al torrone e a molto altro.

Che le pagine di Sciascia non disdegnino la cucina lo si può notare leggendo le sue opere, oppure lasciandosi condurre dal nuovo libro di Salvatore Vullo dal titolo significativo “Di terra e di cibo”, settantatré pagine edite da Salvatore Sciascia nel 2014.

Vullo rilegge l’opera di Sciascia alla luce del legame dello scrittore con la civiltà contadina e il libro risulta facile e scorrevole alla lettura.

A concludere il saggio è un ricettario con alcune specialità citate nei romanzi di Sciascia e quelle che lo scrittore di Racalmuto amava preparare personalmente.

Come la “caponata di Leonardo” presente nel libro nella versione interpretata da Giannola Nonino, l’imprenditrice dell’omonima distilleria grande amica dello scrittore.

In definitiva, nel libro letteratura e cucina sono considerate espressioni dell’anima del territorio siciliano ed è questa la ragione che ci spinge a consigliarvelo.

Troverete tante cose su noi siciliani, o almeno utili tracce da cui partire per il vostro viaggio alla scoperta di questa meravigliosa isola.

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Émile Zola “Il ventre di Parigi”

Geraci1870, Emile Zola
Geraci1870, Emile Zola
Émile Zola.

Per aprire il nostro blog ci voleva qualcosa di bello, di importante, di classico.

E non perché siamo schizzinosi o snobbiamo la produzione letteraria degli anni recenti. Anzi!

Se questa rubrica avrà fortuna (perché sarà di vostro gusto) parleremo di molti scrittori a noi contemporanei che ci piacciono, o che piacciono a voi e che ci consigliate.

Allora, per inaugurare questo spazio abbiamo scelto un classico di uno dei più grandi scrittori dell’Ottocento francese, Emile Zola.

Il romanzo in questione, pubblicato per la prima volta nel 1873 (tre anni dopo la nascita della nostra azienda), si intitola “Le ventre de Paris”, tradotto in italiano come “Il ventre di Parigi” ed edito dalla BUR e dalla Garzanti.

Il libro è il terzo dell’imponente ciclo dei Rougon­Macquart e il grande motore che ne anima le pagine è proprio il cibo, divorato, venduto, desiderato ed elargito dentro “les Halles”, la zona del mercato parigino.

Le vicende che coinvolgono i protagonisti del romanzo, ambientato durante il Secondo Impero, ruotano infatti attorno a frutta, verdura, sanguinaccio, vino,vera forza aggregatrice delle pagine di un romanzo che, come nel caso più generale del romanzo in quanto genere e del feuilleton in particolare, nasce a ridosso dello sviluppo ottocentesco della città.
Che dire di più, se non “buona lettura”?


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